La casetta in Panamà

Spulciando tra i ricordi felici che ho da bambina, quello che detiene il primo posto in classifica da sempre, è la casa dei nonni a Panamà. Ho avuto l’immenso privilegio di crescere in una famiglia multietnica, numerosissima e decisamente incasinata, alla quale devo , oltre a molti anni di terapia, la grande libertà di non aver bisogno d identificarmi in un solo tipo di cultura,  ma di aver avuto la possibilità di poter attingere da moltitudini di pensieri, storie e punti di vista dando la possibilità al mio biondo cervellino di aver molte domande e poche certezze.

Ho avuto anche la fortuna, anzi diciamo pure il culo sfacciato, di poter passare buona parte della mia infanzia in questo posto magico e terrificante allo stesso tempo. La casa era una villa coloniale enorme e bellissima, dalla quale si accedeva tramite  un vialetto delimitato da un muretto di pietre bianche e nere che dava su una delle strade principali della città, il cui perimetro era costituito da due file di alberi di Mango secolari. Mi ricordo che entrando nel viale, dopo una curva molto stretta , ti trovavi di fronte un giardinetto di sassi bianchi con un albero torto al quale era legato al giunzaglio Cirillino, una scimmia di razza Cappuccina, aggressivo, molesto e diciamo pure cattivo come la morte, a causa della svanita libertà. Ci odiava ,giustamente e non mancava mai di farcelo notare tirandoci i capelli fortissimo  e mordendoci tra le dita delle mani non appena avevamo un momento di distrazione.  Amava solo nonna Ninin, ma poi ha morso anche lei e poco ci mancava che l’ammazzasse. Di fronte c’era una veranda con un tavolo enorme dove si mangiava tutti insieme. dietro al giardinetto un pollaio e la casetta delle colombe. Vivevamo circondati dalle bestie , ciclicamente mia nonna ci regala papere, polli e colombe, comprati al mercato degli animali. Io che ero la pù piccola, solitamente mi ritrovavo lo scarto degli altri cugini, ed avevo un parco bestie che pareva più una corte dei miracoli che altro: c’era la papera col becco storto e il gallo geneticamente modificato, che aveva sei dita in una zampa e prendeva un sacco di mazzate dalle galline che non avevano riconosciuto in lui un leader, mettiamola così. Io che da piccolina ero più che altro l’anello mancata tra la bambina e il cinghiale, girovagavo nuda in mezzo a tutto questo bestiame, immedesimandomi in Mowgli del libro della giungla.

Non ricordo di essere mai stata più felice in vita mia.

la casa era su due piani, soffitti alti e mobili antichi, neri , lugubri e pesantissimi. Madonne di ceramica più alte della Piccinini sparse qua e là davano quel tono fine che non impegna. Tutto il contesto mi ha svelato più cose sul Cristianesimo che anni e anni di scuole private dalle suore, ma questa è un’altra storia.

La stanza dove dormivo aveva tutte le pareti di vetro e di notte potevi intravedere  questo spettacolo tropicale di altissime palme e sentire il cicalare d’insetti e ranette colorate, nonchè altri suoni e grugniti di dubbia provenienza, tutto ciò nel bel mezzo della città.

Nota dolente dell’iddilio di quel posto meraviglioso, era che la sera si sentivano anche  i rumori sinistri di uno degli animali che più mi sta sul cazzo al mondo: la Cucaracha. purtroppo l’antipatia non era reciproca e molto spesso capitava di trovarmi addosso uno di questi schifosissimi scarrafoni con le ali , oppure se malauguratamente mi scordavo di portare l’acqua in camera prima di andare a dormire, mi toccava scendere in cucina ed affrontare la racappricciante visione di file infinite di bacarozzi che di notte si sentivano legittimati a prendere possesso del territorio, incuranti del mio terrore. Non erano bei momenti.

Nonno Giorgio, a volte andava a comprare dai pescatori sacchi interi di aragoste vive, che poi non aveva cuore di far bollire vive e allora le metteva direttamente in freezer.Così tra tutti i rumori molesti che  potevi sentire dal tuo confortevole lettino, vi era anche  un crepitare di zampette agonizzanti in lontananza, crepitare che mano a mano si faceva sempre più lieve. criiick!!! criick!! crick! cr…

Che simpatico nonno Giorgio, Genovese DOC, che quando era il mio compleanno  mi portava a scegliere la torta, io volevo la più grande e lui sceglieva la più piccola. Ma subito dopo si sentiva in colpa e andava a prendere anche quella che volevo io, così alla fine avanzava sempre e lui s’incazzava come un puma. Faceva le sua passeggiatina quotidiana e tornava sudato come se avesse fatto una gara di  Triathlon. Alla guida era l’uomo più lento del mondo, c’era una strada che passava nel bel mezzo della giungla,dove ogni tanto, capitava d’imbattersi in un bradipo che ,con i  suoi tempi, cercava di attraversare la strada, così lui, non pago di aver creato dietro di sè una coda infinita, fermava la macchina in mezzo alla strada, scendeva e a calci in culo aiutava ad attraversare l’animale che a questo punto mi vien da dire fosse il suo animale guida.  Lui per prendermi in giro mi chiamava sempre Titti Parenti: l’avvocato delle cause perse ,credo fosse per la  polemica intrinseca che mi accompagnava già dalla più tenera età. Con il senno di poi mi è toccato dargli ragione. Noi ci salutavamo sempre così: appoggiati faccia al muro uno da una parte e l’altro dall’altra, ci fissavamo intensamente e facevamo con i piedi la cosa che fanno i cani per coprire la cacca.

Nonna Ninin anche era un bel soggetto, aveva uno stile di vita a dir poco sopra le righe, ci teneva proprio. lei era quella che comandava in casa, non c’è molto altro da dire, ha tenuto con le unghie e con i denti unita questa esuberante e prolifica famiglia anche se forse, a volte , sarebbe stato meglio lasciare andare. Da lei ho ereditato la passione per gli animali, fortunatamente ( per gli animali ) rielaborandola un pochino ed una strana ossessione per il mito di Pandora.

dei miei nonni ricorderò sempre la risata. Non erano perfetti e senz’altro non rappresentavano il prototipo tipico dei nonni che avevano gli altri bambini qui in Italia, però si amavano tanto. Si amavano in un modo che mi è poi capitato raramente di rivedere nel corso della mia vita.

Negli anni le cose poi sono cambiate tanto, loro erano vecchietti e la casa davvero troppo grande e ormai svuotata. A malincuore hanno dovuto venderla e purtroppo la persona che l’ha comprata, a causa di alcuni screzi passati con il nonno, ad un certo punto, non ho mai capito perchè, l’ha fatta buttare giù dimostrando che il potere nelle mani delle persone sbagliate serve solo a distruggere la bellezza. Adesso quando capita di passare di lì, c’è solo il terreno delimitato da questo muretto di pietre bianche e nere ed un’enorme voragine al centro.

Io e mia mamma a distanza di anni, ogni volta che ci passiamo, piangiamo come vitelli. Allora abbiamo deciso di passarci il meno possibile, però ne parliamo sempre tanto e ricordiamo tutte le vicende divertenti e tristi che fanno parte del pacchetto. Che i ricordi, belli o brutti che siano, non li può buttare giù nessuno, ed anche se alcuni ti lasciano una voragine nel cuore , quel privilegio che sai di aver avuto e che ti hanno donato le persone che ami, resterà sempre la cosa più importante.

Nutro comunque il sospetto, ma non andrò mai a verificare personalmente, che le Cucarachas di allora , vere proprietarie di casa, se ne siano altamente battute il culo e siano ancora lì a creare ingorghi e code infinite nelle zone circostanti. Un pò come nonno Giorgio alla guida della sua voiture.

calle 50 2

 

 

 

 

 

12 pensieri su “La casetta in Panamà

  1. ho faticato ad avere l’accesso..perchè sono vecchietta 🙂 ma ora vedo che ‘miracolosamente’ posso leggerti e commentare 🙂

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  2. 🙂 intanto ti leggo con piacere..hai il dono della scrittura ed è qualcosa che va oltre quello che possiamo immaginare..un abbraccio Valibillie..

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  3. Ho letto il post di Annamaria su FB e sono venuta a curiosare perché anch’io sono una panameña a torino. Complimenti, hai veramente il dono di saper scrivere. Sai trasmettere la magia di quel mondo. Condivido con te non solo il luogo di nascita ma anche il terrore alle cucarachas… che io sempre ho chiamato elarachas (un incrocio tra elefanti “Dumbo” e cucarachas). Grazie!!

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